A Roma si scappa

Il via-vai di un centro periferico con una periferia centrale

di Matteo Benati

Roma è una città ambigua: molti degli artisti, musicisti e produttori che ci nascono tendono, a un certo punto della loro carriera, ad abbandonarla per città più adatte alla carriera musicale. I musicisti vanno in Francia, Paesi Bassi, Stati Uniti, i produttori e gli artisti a Milano. Tutti vanno a Londra. Ma esiste una realtà circostante, in senso abbastanza letterale, che vede Roma come il polo cosmopolita da raggiungere, il luogo pieno di opportunità e ispirazione che i loro luoghi d’origine - Abruzzo, Toscana, Umbria e in generale l’Italia centrale - non hanno potuto offrirgli. Aggiungendo a tutto questo la risorgenza degli ultimi anni di una scena musicale puramente romana, quasi autorganizzata, molti di quelli che erano scappati finiscono per tornare, non solo per la lasagna domenicale. Si crea quindi un flusso, un via vai di persone che “scappano da” e “scappano a” Roma. L’unica certezza rimasta è che a Roma si scappa.

“Ma esiste una realtà circostante, in senso abbastanza letterale, che vede Roma come il polo cosmopolita da raggiungere.”

La nostra intenzione è stata quella di coinvolgere alcuni dei nomi della scena romana e capire attraverso il loro vissuto la storia di una città così particolare.

La storia di Alessandro Casagni è quella di qualcuno che ha lasciato Roma, preferendo le opportunità che altre città gli hanno potuto offrire. Batterista, produttore, autore e artista, si trasferisce a Londra per poi tornare in Italia dopo la laurea in produzione musicale, in seguito al successo di diversi progetti a cui ha preso parte negli anni universitari. Adelasia compie invece il percorso inverso. Nata a Lucca, si trasferisce nella capitale per via dei suoi studi universitari, scollegati dalla passione per la musica. Il milieu di persone e situazioni presenti a Roma la avvicinano ad un ambiente musicale stimolante, fino al punto di creare un progetto proprio, affiancata dall’etichetta indipendente Sbaglio Dischi. Non poteva poi mancare uno dei punti di riferimento della scena underground romana: Daniele Ginger, Dj e fondatore di Borghetta Stile. Nato e cresciuto a Roma, Daniele ha esportato il modello di clubbing Borghetta Stile suonando in giro per l’Italia e all’estero È l’esempio di chi, nonostante tutto, riesce a creare qualcosa di vivo e fecondo in una città non sempre riconosciuta alla pari di altre grandi metropoli occidentali, almeno dal punto di vista dell’avanguardia culturale artistica. A completare il quadro dei percorsi biografici dei protagonisti di questo approfondimento, last but not least, c'è Filippo Tantillo, che oltre ad essere un un grande appassionato di musica, è antropologo territorialista, esperto di politiche del lavoro e dello sviluppo. Filippo lavora da più di quindici anni con istituti di ricerca e università italiane ed europee alla messa a punto di nuovi strumenti di ascolto del territorio e dei fenomeni sociali ed è stato coordinatore scientifico del team di supporto al Comitato Nazionale per le Aree Interne. È nato e cresciuto a Roma, ma per il suo lavoro, vive continuamente i piccoli comuni e le aree interne di tutta Italia.

A partire dalla diffusione dei grandi mezzi di comunicazione Roma, in quanto capitale, è stata un centro per la trasmissione di quei mezzi che erano di competenza dello stato, ossia radio in primis e televisione e cinema successivamente. Nel corso degli anni ‘60 il cinema è diventato sempre più dominante e con lui l’idea di Roma come una dei poli internazionali del cinema. Questa ipertrofizzazione ha di conseguenza comportato una minore attenzione verso altre forme d’arte, in particolare verso la musica. Nonostante questo la presenza di molti locali storici ha permesso alla città di conservare una scena piuttosto prolifica, soprattutto dal punto di vista degli artisti. Quello che però manca a Roma è cominciato ad esserci altrove. Negli ultimi quarant'anni Milano si è progressivamente affermata come la città dove trovare tutte quelle figure professionali fondamentali ad un artista. Manager, discografici, produttori e addetti al marketing hanno cominciato ad essere presenti quasi esclusivamente nel capoluogo lombardo, che lentamente ha eroso le scene locali delle altre città portando gli artisti autoctoni via dai luoghi di origine, in un circolo virtuoso per Milano ma vizioso per gli altri centri, che lentamente si stavano trasformando in periferia. Roma non è stata esclusa da questa transizione e oggi, a livello musicale, continua ad essere la seconda città italiana come importanza, se non la terza, dopo Napoli.

“Questa ipertrofizzazione ha di conseguenza comportato una minore attenzione verso altre forme d’arte, in particolare verso la musica”.

Roma non è stata esclusa da questa transizione e oggi, a livello musicale, continua ad essere la seconda città italiana come importanza, se non la terza, dopo Napoli.

Un’importante caratteristica di Roma che ricorre sempre, non solo in ambito culturale, è la sua bassa densità di popolazione rispetto alla sua superficie immensa. Le grandi distanze che dividono un estremo di Roma dall’altro diversificano di molto i contesti in cui un artista può formarsi, e se da un lato possono causare dispersione, dall’altro lasciano spazio a un'espressione delle creatività locali meno contaminata da influenze esterne, almeno in prima battuta. Questo si traduce in una forte presenza di scene underground radicate sul territorio dei singoli quartieri o delle zone della capitale. Dagli scantinati dove liceali provano e organizzano concerti per la loro nicchia specifica agli spazi in cui molti artisti vengono scoperti dai talent scout delle etichette indipendenti che ancora caratterizzano il panorama musicale romano, la città brulica di creatività in un modo poco convenzionale, autorganizzato e alternativo rispetto ai mezzi di comunicazione mainstream, che qualcuno potrebbe definire obsoleto. Il passaparola e la presenza fisica ai concerti sono ancora i principali metodi di pubblicità per i piccoli artisti romani.

“Questo si traduce in una forte presenza di scene underground radicate sul territorio dei singoli quartieri o delle zone della capitale”.

Quello che la scena romana riesce a fare meglio è non catalizzare gli artisti che ne fanno parte, non spingere verso una sistematizzazione della carriera di artista. Questo porta il chiaro svantaggio che pensare a una carriera artistica a Roma è qualcosa di molto molto ambizioso, ma anche il vantaggio inaspettato di lasciare spazio all’inventiva e alla creatività di chi si vuole salvare da solo. Sono ancora tanti gli aspetti positivi della musica romana: una scena di musica suonata molto forte, molte scuole di musica valide e substrato underground che, nonostante tutto, resiste. Queste caratteristiche, a volte nate per virtù, la maggior parte delle volte per necessità, non bastano nella competizione di Roma con altri centri culturali ed è chiaro come ci sia davvero molto da fare per riportare la città a un livello paragonabile alle altre capitali europee. Una delle cose più importanti che si può fare sotto questo punto di vista è parlarne, discuterne e imparare cosa ci frena, cosa ci aiuta e cosa ci distingue.

“Quello che la scena romana riesce a fare meglio è non catalizzare gli artisti che ne fanno parte, non spingere verso una sistematizzazione della carriera di artista”.

“una scena di musica suonata molto forte, molte scuole di musica valide e substrato underground che, nonostante tutto, resiste”.

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