Luce a Roma: due chiacchiere con Chiamarsi MC e Dark Meme Gang

di Davide De Gennaro

Vari trapper e musicisti della scena trap di Atlanta e Roma

Annus mirabilis


Autunno 2016: le elezioni americane più thriller di sempre si avvicinano, all’orizzonte c’è il referendum costituzionale di Renzi, finalmente “Andiamo a Comandare” e “Vorrei ma non Posto” stanno svanendo come lacrime nella pioggia, Higuain è l’uomo più odiato d’Italia.

Ai tempi io sono un 15enne che ha appena scoperto Nitro e la Machete è quasi una folgorazione per me che vengo dal metal, quindi inizio a esplorare a fondo la cultura hip-hop non rendendomi conto di star vivendo un annus mirabilis del rap italiano, in cui sono usciti tantissimi instant cult da “Malammore” di Luchè a “Ragazzi Madre” di Achille Lauro, da “Santeria” di Marra & Guè a “Orange County Mixtape” di Tedua.

Qualche mese dopo girovagando per Facebook mi imbatto in un gruppo con qualche migliaia di iscritti che funge da laboratorio sia per la discussione sull’hip-hop sia per la creazione di meme sull’argomento, tra cui i più popolari in termini di reactions finiscono nella pagina come da manuale della prosumer economy: si chiama “Chiamarsi MC tra amici senza apparenti meriti lirici” e ci passerò una buona parte della mia adolescenza tra copypasta e discussioni online infinite su chi sia il miglior rapper italiano di sempre, condite da qualche raduno dal vivo perché comunque si sono creati anche amicizie e amori nonostante le distanze geografiche.

Con Dark Meme Gang ho meno ricordi del genere anche perché la dimensione comunitaria era meno forte, però sono stato un grande fan della DPG e li ho seguiti fin dal giorno zero, quindi bacini e cuoricini.

Grabbe strappate


Nelle piacevoli chiacchierate con le rispettive coppie di admin ci siamo concentrati in particolare sul ruolo dei meme nella diffusione della trap in Italia, in particolare a Roma: sui due fenomeni singoli non mi dilungo – per approfondire, ecco due articoli a riguardo: questo sulle memate e questo sulla trap.

Chiamarsi MC invece, dopo un primo periodo di scherno, è stato uno dei primi ambienti ad appoggiare quei ragazzi senza pregiudizi perché non era una echo chamber di puristi, ma un luogo dove tutti si mettevano in discussione confrontandosi senza prendersi troppo sul serio e acquisendo knowledge sia sulla storia del genere che sulle nuove tendenze, italiane come oltreoceano.

Tra le due pagine la prima è stata Chiamarsi MC che, da quel lontano 2014 in cui chi prendeva più di 20 like a meme sul gruppo era considerato un fenomeno, col tempo ha accorciato il nome ma allungato il numero dei followers, diventati ben 526k. Come mi hanno spiegato Alberto Coletti e Michelangelo Arrigoni, due dei padri fondatori insieme a Daniel Rigatelli che purtroppo non era presente, la loro non è stata la prima community hip-hop online visto che prima c’erano soprattutto i forum, retaggio di quell’era in cui i rapper si facevano la promo su Myspace e ci si scambiavano i pezzi col Bluetooth.

Chiamarsi MC è stata però quella che ha macinato più successo perché non hanno mai imposto una linea editoriale ferrea, al contrario della maggior parte della scena di allora che accolse con disprezzo l’esplosione della nuova scuola, vista come un’orda di tossici sgangherati che non andava a tempo, non chiudeva le rime e non aveva contenuti al contrario del vero rap ® (professarsi fan della Dark Polo Gang poteva condurre al linciaggio).

Chiamarsi MC invece, dopo un primo periodo di scherno, è stato uno dei primi ambienti ad appoggiare quei ragazzi senza pregiudizi perché non era una echo chamber di puristi, ma un luogo dove tutti si mettevano in discussione confrontandosi senza prendersi troppo sul serio e acquisendo knowledge sia sulla storia del genere che sulle nuove tendenze, italiane come oltreoceano. Fun fact: in questi anni ci sono stati vari rapper dentro al gruppo più o meno in incognito tra cui un certo Jacopo Lazzarini che, dopo il secondo posto a Sanremo, ha postato un video sul gruppo in cui ha svelato il suo profilo fake.

Così mentre crescevano le menzioni alla pagina nei testi rap (non sempre particolarmente gentili) Alberto, avvocato classe 1993 cresciuto a merendine e Dogo Gang, è arrivato a essere il Saul Goodman della scena Soundcloud italiana mentre Michelangelo, brianzolo del 1998 partito da Sfera Ebbasta, è arrivato a scoprire gruppi underground come i DSA Commando e classiconi come “950” di Fritz da Cat. Dal canto mio ho scoperto perle come i XVI Barre, Lanz Khan e Johnny Marsiglia, a testimonianza della continua contaminazione che c’è all’interno della community soprattutto grazie ai consigli delle persone più acculturate, visti un po’ come i vecchi saggi del villaggio.

Dark Meme Gang era nata più tardi, nell’ottobre 2016, dall’idea di due amici, Stefano Sala e Pietro Brambilla, che erano stati rapiti da quei quattro alieni di Rione Monti e avevano deciso di aprire una pagina Facebook che poi avrebbe fatto la mitosi su Instagram. I prodotti sono sempre i memes ma con un focus più stretto sulla DPG, allora il fenomeno del momento sulla bocca di tutti (di lì a poco sarebbe uscita “Sportswear”).

Quello che permette loro di emergere è stato semplicemente surfare sulla cresta dell’onda di quei matti i cui social (leggendarie le live su Periscope) erano una serie TV con un sottobosco popolato di NPC (nonna Pyrex, il serpente Supreme, Ayub) e tormentoni (i gamberoni, le mazzettate sotto i denti, bufu), per non parlare dell’immortale The People vs Dark Polo Gang. Adesso che la gang ha perso quell’equilibrio sottile tra l’epico e il cringe e si è commercializzata dopo “Trap Lovers”, hanno espanso la copertura a tutta la nuova scuola e agli artisti emergenti con un taglio più redazionale.

A Roma nun pijamo ordini, li damo


In entrambe le interviste è uscito fuori che l’imprevedibilità della scena trap romana viene principalmente dal fatto che Roma è la capitale amministrativa ma non economica. Questo si traduce nel mercato musicale nel fatto che la sede della maggior parte delle grandi etichette è a Milano. Se questo da una parte comporta il fatto che ci sono meno soldi e quindi meno opportunità in giro, dall’altra permette di iniziare con più libertà artistica, senza i vincoli di profitto delle major discografiche che possono anche finire a bruciare talenti. D’altronde, come diceva er Satana ar Libanese nella prima puntata di Romanzo Criminale:“Sta città 'n s'a pijerà mai nessuno, perché Roma nun vole capi.”.

D’altronde, come diceva er Satana ar Libanese nella prima puntata di Romanzo Criminale:“Sta città 'n s'a pijerà mai nessuno, perché Roma nun vole capi.”.

La parola chiave è spontaneità: il romano medio non ha peli sulla lingua e, come il Truceklan ai tempi con la Roma tra borgate e catacombe, secondo Stefano la Dark Polo ha rappresentato la “noia data dal lusso” dei pariolini imprevedibilmente sfacciati che hanno bisogno di fare i criminali per fuggire dal vuoto della decadente vita mondana capitolina, descritta magistralmente da Paolo Sorrentino.

In questa ascesa la pagina che da loro prende il nome ha dato una discreta mano, arrivando in certi momenti ad avere più engagement della pagina della DPG stessa, arrivando a collaborarci attivamente. In maniera simile Chiamarsi MC ha fornito un trampolino di lancio per la scena Soundcloud romana aggregata intorno al mitico Fuckyourparty (a cui ho partecipato a costo del cellulare), presa sotto l’ala della pagina nel 2019 perché era la più fresca e i suoi membri partecipavano attivamente alle community, come ricorda l’avvocato la cui casa è diventata un punto di riferimento per questi ragazzi e in particolare la Fuckyourclique, nel cui video “Vai Disa” è il miglior attore non protagonista a mani basse.

Lui spiega come questi rapper avessero intercettato un target che fino ad allora era stato relativamente ignorato dalle etichette, quella nicchia di nerd e semi-nerd appassionati di alternative rap e cresciuti a Pokémon e Call of Duty; mancava però il ponte col mercato discografico, anche perché le serate per gli emergenti di solito non hanno direzione artistica, come è facile confermare partecipando ai vari contest in giro per la città.

Dal canto suo Michelangelo è il loro manager così come di Rosa Chemical, Zyrtck e Thelonious B, tutti artisti che hanno impiegato il meme nella loro promozione. Lui spiega come questi rapper avessero intercettato un target che fino ad allora era stato relativamente ignorato dalle etichette, quella nicchia di nerd e semi-nerd appassionati di alternative rap e cresciuti a Pokémon e Call of Duty; mancava però il ponte col mercato discografico, anche perché le serate per gli emergenti di solito non hanno direzione artistica, come è facile confermare partecipando ai vari contest in giro per la città.

L'accettazione di un estetica gangsta mediata dai memes da parte del pubblico hip-hop, senza che l'artista venisse dalla povertà in strada, era già stata aperta dalla Dark Polo, quindi è stato un po’ più semplice per loro fare breccia. Anche loro hanno portato una wave famosissima negli States ma abbastanza sconosciuta in Italia come il Soundcloud rap, che era visto come un laboratorio creativo con un patrimonio comune di influenze con la funzione di “settore giovanile” per vedere chi avesse il potenziale per andare nella Serie A della competizione.

La nuova relatability


Un altro punto su cui gli intervistati concordano è il fatto che adesso sia abbastanza al tramonto l’epoca dei personaggi buffoni (nel senso antropologico del termine) sui social, a cui è stata messa una pietra tombale sempre secondo Arrigoni da Jordan Jeffrey Baby; Pietro aggiunge che ormai fare il vandalo fine a se stesso non è più una strategia vincente perché, essendo anche l’alternative rap entrato nel sistema delle major, serve affidabilità per attirare investitori nel progetto.

In realtà è proprio il medium del meme che ormai è percepito dalle nuovissime generazioni come roba vecchia e il successo ormai dipende da TikTok, tanto che ormai le canzoni sono cucite attorno a quei 15 secondi con la frase che andrà virale. Il problema è che, nonostante ci siano ovviamente delle tattiche di marketing per fare successo, ormai è diventato molto più arduo prevedere cosa sfonderà, come dimostrano lo strano destino di “Mostro” di gIANMARIA e “Ginseng Strip 2002” di Yung Lean andata nelle top charts globali inaspettatamente dopo anni.

Sicuramente la chiave è la relatability, cioè quanto simpatizzi con un contenuto e a quanti amici ti viene da mandarlo.

Sicuramente la chiave è la relatability, cioè quanto simpatizzi con un contenuto e a quanti amici ti viene da mandarlo. Ci sono però due componenti nuove rispetto a prima: in primis una regressione collettiva di fronte al caos del nostro tempo che ci fa ridere della comicità più infantile, ampiamente portata avanti dalla Fuckyourclique (basti pensare alla “Canzone della Sborra”), poi un superamento del meme come lo intende la generazione Z da parte delle nuovissime generazioni, che apprezzano di più i reel, da quello che notano in Dark Meme Gang.

D’altronde i rapper vogliono essere presi sul serio anche come role models e la rabbia sociale sta esplodendo, quindi a una buona parte del pubblico giovanile non basta più il meme fine a se stesso: cercano la politica nei memes. In questo senso sembra abbastanza rappresentativa la barra della P38 “Fanculo i memes voglio la guerra” e proprio del loro caso abbiamo discusso nell’ultima parte della conversazione con Chiamarsi MC.

Nel 2021 il collettivo rap P38 fa uscire l’album “Nuove BR” dalla cover raffigurante un disegno stilizzato di Aldo Moro nel cofano della Renault 4 in cui essenzialmente prendono l’immaginario trap e sostituiscono come riferimento della criminalità le Brigate Rosse alla mafia, in un’estetica sintetizzabile nella barra “Renato Curcio maglia di Gucci”.

Anche qua c’è una dimensione memetica, ma in questo caso la magistratura decide di utilizzare il pugno duro come mai prima con minacce e denunce ai locali disposti a ospitare i loro concerti, per poi passare alla perquisizione domiciliare ai componenti della band (trovando qualche sticker di Stalin) e infine a un processo ai membri della band per istigazione a delinquere con l’aggravante di terrorismo, capo d’imputazione per cui rischiano 8 anni di carcere.

Nonostante questo conflitto interpretativo generazionale per cui i “trapper brigatisti” rischiano di essere immolati come capro espiatorio, c’è anche fiducia nel mercato che sta emergendo.

Lo staff di Chiamarsi MC esprime preoccupazione per un processo che potrebbe limitare la libertà di espressione del gioco in nome di quello che Michelangelo chiama “progresso ermeneutico”, cioè il difficile adattamento degli strumenti interpretativi delle vecchie generazioni nei confronti delle nuove forme espressive. Se questo fenomeno poi si traducesse in nuove linee guida di censura per l’algoritmo, potrebbe diventare una china sempre più scivolosa per artisti provocatori come quelli rappresentati da Alberto.

Nonostante questo conflitto interpretativo generazionale per cui i “trapper brigatisti” rischiano di essere immolati come capro espiatorio, c’è anche fiducia nel mercato che sta emergendo. Ci sono artisti validi per tutti i gusti, dal lol rap della sopracitata Fuckyourclique all’erede di Gué Kid Yugi, dal sound di Detroit di Artie 5ive all’hyperpop rap neurodivergente non binario di Yung Paninaru. In generale il futuro del movimento italiano sembra essere in buone mani e, visto che l’evoluzione delle forme artistiche non si può fermare, è necessario accogliere il cambiamento senza pregiudizio. Se ami la golden age dell’hip-hop, lasciala andare.

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